La scoperta del più potente anticancro
Nel 1961 Barnett Rosenberg (New York, 1926 – Lansing, 2009), che lavorava come fisico alla New York University, fu assunto nel nascente dipartimento di biofisica dell’Università del Michigan; stava studiando l’effetto delle correnti elettriche sulla replicazione di un batterio intestinale, l’Escherichia coli ed era particolarmente attratto da uno strano parallelismo tra due fenomeni naturali completamente slegati: si era infatti accorto che le fotografie delle cellule impegnate nella fase di mitosi, cioè di divisione cellulare, erano molto simili alle immagini delle linee di campo prodotte da un magnete su una superficie ricoperta di finissima limatura di ferro, analoghe alle linee di campo di un dipolo elettrico. Questa somiglianza sembrava essere degna di ulteriori investigazioni e così decise di studiare in che modo un campo elettrico influenza la replicazione cellulare. Rosenberg decise di assumere Loretta Van Camp per aiutarlo nella sperimentazione, la quale, dato che per una donna statunitense degli anni ’60 diventare medico era quasi scandaloso, aveva ripiegato sulla microbiologia. L’attrezzatura utilizzata consisteva di un reattore dotato di due elettrodi semicilindrici costituiti da una rete di PLATINO immersi in un brodo di coltura dei batteri, mantenuto alla temperatura di 37°C e contenente importanti quantità di ioni cloruro e di glucosio. La scelta di utilizzare un elettrodo di PLATINO sembrava la più logica: il PLATINO, come tutti i metalli nobili, è estremamente inerte dal punto di vista chimico e per corroderlo sono necessarie condizioni particolari.
Il risultato dei test preliminari fu sorprendente: i batteri infatti non morivano, né aumentavano di numero, ma si allungavano! Normalmente gli E. coli hanno la forma di piccoli bastoncelli, ma dopo il trattamento al quale erano stati sottoposti avevano assunto la forma di spaghetti. Sembrava quindi che qualcosa avesse impedito loro di replicarsi, promuovendo un’abnorme crescita in lunghezza.
Furono studiati tutti i fattori che potevano interferire con la crescita dei batteri, quali il pH, la concentrazione di magnesio, i raggi UV e la temperatura, ma non si rivelarono importanti: la risposta doveva stare in qualche tipo di composto che si formava in seguito al passaggio di corrente. Fu allora determinante la sperimentazione del giovane chimico Thomas Krigas, che si unì al gruppo per investigare sull’identità della molecole presenti nel brodo di coltura e sulle proprietà biologiche di questi composti. I risultati mostrarono che quelli con la maggiore attività erano derivati del PLATINO. Gli studi in vivo mostrarono che, tra tutti i complessi del PLATINO proposti, il più efficace ed il meno tossico era il cisplatino, Pt(NH3)2Cl2. Il 13 febbraio 1965, sulla prestigiosa rivista “Nature”, venne pubblicato così un articolo a firma di Barnett Rosenberg, Loretta Van Camp e Thomas Krigas su queste loro scoperte, che segnò l’inizio di un percorso che rivoluzionò per sempre la storia della medicina.
Meccanismo di azione del cisplatino
L’efficacia del cisplatino (Cis-Pt) è legata alle sue capacità di interagire con il DNA contenuto all’interno del nucleo cellulare inducendo l’apoptosi, cioè la morte programmata della cellula tumorale. L’apoptosi si verifica quando la cellula arriva alla fine naturale del suo ciclo vitale o quando è danneggiata irreversibilmente. Se per qualche motivo si degrada la capacità apoptotica di una cellula, questa può potenzialmente diventare una cellula tumorale, iniziando a riprodursi illimitatamente. Questa degradazione può avere diverse origini: può essere dovuta alla presenza di sostanze tossiche nell’organismo, alle radiazioni o alla presenza di alcuni virus (come il virus HPV, Human Papilloma Virus)
La resistenza al ciplatino. Alternative
Nonostante il cisplatino abbia salvato milioni di vite, purtroppo non è sempre efficace. Nonostante i suoi grandissimi vantaggi, ha anche dei considerevoli effetti collaterali, tra questi, i più deleteri sono a carico dei reni (nefrotossici) e del sistema nervoso, sebbene ormai si riesca a tenerli a bada grazie allo sviluppo di appositi agenti protettori, come l’amifostina, e grazie all’utilizzo combinato di cisplatino e di altri antitumorali. La terapia col cisplatino continua però a essere estremamente scomoda per il paziente, che è costretto a sottostare a lunghe sedute di chemioterapia che richiedono l’ospedalizzazione, l’assistenza da parte di medici e personale specializzato e per tutto il periodo del trattamento è debole e può avere nausea e vomito. Un altro problema è legato alla resistenza, naturale o indotta, di molti tumori verso la terapia, per cui sono state sintetizzate nuove molecole che hanno però lo svantaggio di essere simili al cisplatino sia dal punto di vista dell’attività farmacologica sia dal punto di vista degli effetti collaterali. Di tutte le migliaia di molecole sintetizzate e testate, solo per cinque è stato approvato l’uso clinico: Il Carboplatino è quello di più largo utilizzo (fu sintetizzato per la prima volta nel 1973 da Cleare e Hoeschele, il cui uso clinico è stato approvato dalla FDA solo nel 1989), seguito da Nedaplatino (1996), Oxaliplatino (2002), Lobaplatino (2004) ed Eptaplatino (2005).
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